19 aprile 2008

IL SONNO DELL'EUROPA AI BORDI DEL LAGO

LA RAGAZZA DEL LAGO è morta. Il suoi corpo è adagiato ai bordi del Lago. Come in sonno. Insieme a lei muore, anzi rinnova la sua ri-moritura, il cinema europeo o meglio l'idea di un cinema europeo. Era già morto negli anni '80 ed ho il sospetto, non essendo uno storico e raccontando solo della mia esperienza, che sia una reiterazione ancora più antica. Sicuramente qualcosa di simile accadde negli anni '50 (avete visto che un po' storico lo sono...) con il cosiddetto "cinema di papà" (vedi il paragrafo Cahiers du Cinéma) contro cui si scagliarono i giovani critici della nouvelle vague in nuce. I difetti sono gli stessi. Un cinema di qualità senza carattere!
Mi dispiace parlar male di questo film. Altrettanto mi è dispiaciuto vederlo franare sotto i miei occhi, unica traccia di speranza per il cinema italiano (ma non solo...) alla Mostra del cinema di Venezia.
Ora vince tanti riconoscimenti al Donatello e se li merita tutti. Il film è bello da vedersi. Ha uno splendido Toni Servillo che a mio parere (modestissimo) da qui la sua migliore interpretazione. Con una abilità pari solo ai grandi attori di scuola italiana e francese (anti-metodo per intenderci) costruisce un personaggio fuori da ogni impianto naturalista. una maschera. Il suo Commissario merita una serializzazione, dovrebbe diventare il nostro Maigret. Spero che qualcuno ci pensi davvero... ma per quale fine?
Il film tradisce se stesso. Non sviluppa il suo nodo drammatico e quando si decide a farlo anziché procedere diritto verso la sua scena madre la risolve con un elegante e per questo osceno carrello all'indietro. Il personaggio sino ad ora "assente" della ragazza ricompare in una veste non riconoscibile e fastidiosa, incapace di trasmettere emozioni tanto quanto per tutto il film Gifuni. Terribile! Un bel film che si risolve in un film da niente. Come tanti romanzi da niente che riempiono le librerie e le pagine di recensione dei quotidiani in veste domenicale. Belle copertine, belle sinossi, incapacità di scrivere davvero. Lo stesso il film. Il miglior manifesto da film degli ultimi decenni nel cinema italiano. Una campagna marketing con gruppi di ascolto per sceglierlo. E sono stati i gruppi di ascolto a preferire quel manifesto evocativo al banale faccione di Servillo, come ogni "presunta" agenzia di comunicazione italiana avrebbe detto essere giusto per "vendere". Vero il contrario!
Bravo quindi il regista Andrea Molaioli. Un regista al suo esordio. Lo hanno messo nelle condizioni di lavorare bene e si vede. Una cosa rara in un paese dove sei sei un regista esordiente sei solo carne da macello sull'altare del finanziamento pubblico di assistenza alla lobby partitocratica dei produttori distributori italiani. Film Commission e Film Fund quando dietro c'é una politica di sviluppo regionale dimostrano d'essere strumenti "ricoluzionari" di questo panorama "romano". Possiamo dire che la Lega Nord del Cinema muove i suoi passi. E noi? Speriamo...
I difetti sono tutti nell'impianto produttivo del film. Di un film che punta comunque al mercato. Un film di marca europea. Il problema è discutere la qualità di questo "marchio di qualità". Ha la stessa inconsistenza della Europa politica, quella che se si andasse al Referendum popolare perderebbe dappertutto. E che invece potrebbe essere la nostra salvezza. Tempo fa ci tentò anche Richy Tognazzi con Canone Inverso. In quello il marchio europeo era ancora più riconoscibile per la presenza di un cast di nazionalità mista e per le location cecoslovacche. Colpo di coda di un filone di coproduzioni europee che ha fatto buona parte del cartellone di Festival come Europa Cinema e che fa vivere tanti Festival regionali come Alpe Adria e il nostro di Lecce.
Cosa rispondere a questo cinema di qualità? Gli autori dovrebbero capire che la risposta non è solo estetica perché nel cinema l'estetica inizia dalla scelta dei modi di produzione, essendo il cinema per definizione "arte+industria". L'Europa ha perso ogni Ragione, le ultime che ha avuto hanno costruito solo Lager. Preferisci gli oppiacei e cerca di essere Ragionevole ma questo Sonno, come scrisse sotto i fucili di Napoleone Goya, produce solo Mostri. Quelli però erano il contraltare di una grande Ragione, i nostri sono solo il riflesso di una veglia miseramente ragionevole. Ne LA RAGAZZA DEL LAGO sembrerebbe che il morbo di un "cinema di qualità" sia penetrato sotto la pelle. Una autolimitazione, non essendoci i classici parametri produttivi del cinema europeo ma un prodotto "regionale". Occorre dunque ragionare su cosa debba essere "regionale". Rubo un'espressione usata da Oscar Iarussi in una conferenza proprio sul cinema europeo dove lui ebbe il coraggio di essere unica voce dissonante tra coloro che reclamavano "identità" e "protezionismo". Oscar Iarussi disse invece che le uniche note interessanti venivano dalle regioni ai confini e difese l'idea di un cinema apolide, un cinema dei limiti. Il concetto matematico di "limite" dovrebbe quindi penetrare e far rivivere uno spirito di vera indipendenza, lontano dai film di marca "festival", sia quelli regionali che pescano nella seconda scelta del cinema "di qualità" sia quelli di prima che invece hanno creato un malsano "stile internazionale d'autore").

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