03 novembre 2010

UN MESSAGGIO NELLA CASSAPANCA DI IERI PER IL TEMPO DI OGGI


Non sono io ad aver cercato Idillio infranto ma lui ad aver cercato me. Ed io ho obbedito come ad un destino, talvolta infastidito dal non potermene liberare. Ancora oggi mi trovo a dover approfondire la ricerca sulla vicenda produttiva del film, di cui poco si conosce. Nulla tuttora sappiamo sulla coppia di regista e attrice comprimaria, nulla sul “Gigus” dell’adattamento per lo schermo e sulla sua eventuale fonte letteraria. Nuove informazioni sono comunque emerse anche durante l’ultima lavorazione di restauro, quella che ci ha consentito di digitalizzare sia gli scarti che gli altri frammenti di repertori cinematografici del fondo documentale. Ne è emersa con certezza la volontà di Orazio Campanella di fondare una casa di produzione. Sono documentabili tentativi di realizzare altri film di natura documentaria come un match sportivo o di pubblicità per una fabbrica di arredi da bagno, in cui si osa anche un nudo femminile. Prodotti di questo tipo a quel tempo trovavano facilmente spazio tra una proiezione e l’altra del film in programmazione nelle sale cinematografiche.
Resta comunque la tentazione di leggere il film in chiave simbolica. Il titolo del film e il suo riemergere dall’oblio a ridosso del centenario del cinema aiutarono non poco a vedere nella pellicola la metafora di una condizione a quei tempi ancora da riscattare per il nostro territorio. Quando nel 1996 presentai il film al Nuovo Cinema Palazzo, per una serata di gala fortemente voluta dall’allora Assessore alla Cultura di Bari Domenico D’Oria, mi augurai che il venire alla luce di questa pellicola segnasse la fine dell’Idillio infranto tra il Cinema e la Puglia.
Così è stato e potremmo parlare di rito propiziatorio, di un simulacro nascosto per mezzo secolo dentro una cassapanca che liberato rimette in moto un processo interrotto. Ecco dunque che alla tentazione di leggere quale immagine di cinema si celasse dietro l’esperienza filmica si è accompagnata un’indagine più critica, quasi a vincere resistenze provinciali che volevano leggerlo come mera esperienza amatoriale, a meno che non si volesse definire così anche tante esperienze indipendenti dei decenni a seguire, supportate per altro da un alleggerimento della macchina produttiva che per “Idillio infranto” è invece quella pesante del 35mm con l’aggravante di doversi industriare anche nello sviluppo della pellicola stessa. E non è certo per sminuirne il valore che negli stessi termine se ne parla, il 18 marzo 1933, su una delle più autorevoli riviste italiane, «Il Corriere Cinematografico» edito a Torino, prima capitale del cinema in Italia a quel tempo appena spodestata da Roma con la nascita, nel 1931, di Cinecittà.
Si scrive del film in prima pagina, tra divi americani e capolavori del tempo. Si dedicano tre colonne e lo si indica come esempio di quel «Cinedilettantismo» che insieme alla «fondazione di Cine-Clubs» potrebbe far nascere «i germi della nostra caratteristica cinematografia nazionale». Sembra troppo ma a ben vedere si tratta della formula che, a seguito dell’esperienza neorealistica ma evolvendo da essa, porterà alla nascita, prima in Francia e poi in tutto il mondo, della Nouvelle Vague: indipendenza più cineclub. Un fenomeno in nuce, come lo era già il neorealismo negli intenti di Blasetti e dei Cine G.U.F., ma che trovò molto tempo dopo le condizioni storiche per realizzarsi.
Per me è questo il messaggio che Idillio infranto ci ha consegnato con il suo oblio.
È questa una favola che ormai mi accompagna da tempo. Una Fata della Fonte (quella di Acquaviva dove l’acqua “pura defluit”) che alimenta tenacia e spirito d’iniziativa di una comitiva di giovani pugliesi. Poi intervengono due Streghe. Quella “di Fuori” dei parenti e delle condizioni storiche che dicono a questi giovani che l’impresa è troppo ardua per riuscire e quella “di Dentro” che li convince che sono solo dei perdigiorno, dei fannulloni e delle pecore nere. Voler fare cinema non è né impresa culturale né impresa per gente con la testa sulle spalle. Meglio portare il film e tutti i suoi orpelli nella soffitta di una masseria di famiglia e riporlo per sempre dentro una cassapanca. Sepolto. Ma vivo: infatti come nella favola della Bella addormentata ecco ricomparire la Fata buona che opera un sortilegio e preserva intatta la pellicola, la mette in sonno sino al nuovo secolo e sparge tutt’intorno la polverina dell’oblio (potremmo chiamarla, sorridendo, la “gioia del colle”?).
Non so perché quella Fata della Fonte abbia poi scelto me per riscoprire la pellicola. L’impresa fu iniziata da altri e io mi limitai a prestare la mia persona ad una causa ovvia e sacrosanta. Rimase invece incastrata in nuovi ostacoli di istituzioni sorde o impotenti. Così il primo elfo della buona sorte, Tommaso Lapegna, si arrese. E io presi il testimone e da allora non l’ho lasciato più. Dopo anni d’insistenza sono particolarmente orgoglioso di aver trovato Partner istituzionali (Teca del Mediterraneo e Cineteca Nazionale) e privati (Club delle Imprese per la Cultura) che hanno capito le potenzialità di un restauro digitale rispetto al primo intervento del 1995.
Con Mario Musumeci ho trovato la persona che poteva dare corpo a quest’idea perché non si operasse un semplice restauro conservativo del manufatto bensì, con un’operazione per altro rispetto agli intenti a basso costo, lo si mettesse nelle condizioni, anche migliori del tempo in cui fu realizzato, di vivere nelle sale di cinema e negli schermi digitali di oggi.
A noi cineasti pugliesi resta invece il compito di raccogliere il messaggio conservato in quella cassapanca perché trovasse il tempo per essere capito e realizzato. La (ri)nascita del cinema (non solo italiano) resta sempre nella formula già vista dentro Idillio infranto dell’indipendenza e della cinefilia. Ossia di pratiche produttive magari marginali (e non è la Puglia terra per eccellenza di margine, di frontiera?) ma originali, sia nei modi che nei temi, unite ad una prassi di sguardi critici sul cinema presente e riletture “militanti” di quello passato.
Una prassi che può affermarsi solo se nascono luoghi preposti alla sedimentazione dei saperi, quali furono un tempo Cinestudi e “Cine Club” e che oggi devono essere strutture che lavorino sulla conservazione e sulla memoria. Ora si deve, ora si può. A noi il compito di dimostrare alla Fata della Fonte di aver scelto il tempo migliore per sottrarre Idillio infranto all’oblio.

CONTRIBUTO AL COFANETTO DVD DI CINETECA NAZIONALE E TECA DEL MEDITERRANEO CON RIEDIZIONE DI "IDILLIO INFRANTO" RESTAURATA CON PASSAGGIO DIGITALE E MUSICATA NEL 2009 - ALTRI CONTRIBUTI DI OSCAR IARUSSI, WALDEMARO MORGESE, NICO GIRASOLE, MARIO MUSUMECI E ANNA CLAUDIA SCAMMACCA

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