15 maggio 2010

IL CINEMA TRA LANGUE E PAROLE... - 1

Di certo possiamo dire che il Teatro sta alla Oralità come il Cinema alla Scrittura.
Di certo possiamo anche dire che nel Cinema senza il montaggio (interno ed esterno) non ci sarebbero Parole. E' solo il taglio che fa emergere una Parola e ci consente di proseguire di taglio in taglio come se stessimo parlando (ovviamente i più abili nasconderanno questi tagli in un flusso continuo operando un montaggio interno nello sviluppo diacronico dell'inquadratura).
Se entrambe le certezze sono vere, l'una contraddice l'altra. Sarebbe infatti altrettanto certo perché consegue da se stessa che le Parole del Cinema non sono le stesse del Teatro, il quale non conosce montaggio nè potendosi ricondurre alcuna delle tecniche di montaggio teatrale alla natura del montaggio cinematografico di creazione di unità discrete. Il teatro non può che offrirsi in un continuum. Il linguaggio del cinema è allora cosa radicalmente differente da quello teatrale, anche se il secondo nel cinema torna come materia prima, spesso sostituendo il profilmico del reale.
Dunque anche la prima certezza apparente è venuta a cadere. E dove cerchiamo l'Oralità e la Scrittura nel Cinema? Nel rapporto tra Ripresa e Montaggio per esempio? Montare è come Scrivere. Lo dico sempre quando ci lavoro ed è un criterio che mi orienta molto. Eppure io rifuggo dal montare, mi angoscia, mi sembra sempre di tradire il materiale. Il sogno del cinema puro, almeno per chi come me ha il sogno di un cinema ontologicamente fondato sul reale, è da sempre un cinema che si da come lo sguardo puramente fenomenologico. E dunque? Se la Parole di De Saussure (certe letture giovanile non si scordano mai...) è irripetibile e sempre individuale, almeno sino all'avvento del digitale, anche la Ripresa anche se montata ha una natura irripetibile e individuale. Dunque se il Montaggio serve a creare soluzioni di continuità (ricordiamoci che all'origine gli uomini che usavano un alfabeto per scrivere non mettevano spazio tra le parole e scrivevano un unico rigo di fonemi senza distacco di parole) è anche vero in primo luogo che la sua materia prima rimane il gesto orale unico e irripetibile della "Parole" e in secondo luogo che, come ogni buon montatore sa, l'apparenza del discorso senza soluzione di continuità appare illusoriamente allo spettatore. Il montaggio che c'è non sempre è quello che si vede. Ciò che discontinuo appare continuo, quasi che il desiderio alla base del guardare cinema sia sempre quello di guardare e basta, senza la mediazione del linguaggio. Una Parole che non vuole strutturarsi dentro una Langue?

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