23 marzo 2008

22 marzo 2008

EMOZIONI INDICIBILI

Termino ora un colloquio telefonico con la Signora Agnese Babini moglie di Perugini, il figlio di Roul. Dopo 12 anni trovo i familiari di chi ha girato, donando il suo sguardo e la luce, a IDILLIO INFRANTO. Sono commosso ed emozionato. Ancora una volta la realtà supera la fantasia. Roul Perugini è stato un operatore di guerra e da martedì inizia la ricerca negli archivi dell'Istituto Luce. Sognava di fare il documentarista sul serio ma l'aereo con cui faceva le riprese è caduto in Africa... Comunque la gioia più grande sono le parole di commozione dei famigliari, ignari di tutto, affezionati a questa figura per loro mitica, che li ha lasciati orfani a dieci e undici anni, e che ora ritorna da loro con un'opera compiuta di cui loro non sospettavano nemmeno l'esistenza. La stessa emozione che ho generato nei famigliari del protagonista Jacobellis ora mi accingo a generarla in loro. Ci tremava la voce ad entrambi. Non ho parole...

21 marzo 2008

auguri da Giuliano Capani - Lecce

08 marzo 2008

LETTERA APERTA

Io ho un sogno.
Ho un sogno che in questi giorni sta riprendendo a svegliarmi spesso grazie alla sua condivisione con molte persone e associazioni di vecchia e di nuovissima conoscenza, sia in Puglia sia in Basilicata.

Grazie a loro, sogno che tra poche settimane un centinaio tra autori, registi, documentaristi, videomaker, creativi in genere che lavorano nel settore del cinema e dell’audiovisivo, si associno per creare una struttura snella, utile a far circolare le idee. Un’Associazione utile al confronto e non alla mera rivendicazione, utile non a rinnovare e ingigantire il lamento e la questua ma a guardare oltre i propri confini, a proiettarsi nel mondo.

Sogno che lo facciano soprattutto associando a loro le diaspore artistiche della Puglia e della Basilicata, quelli che si sono radicati a Roma come a Bologna, a Milano come a Torino. Sogno che si varchino i confini nazionali e ci si senta, grazie alle nuove tecnologie, ogni giorno con i nostri associati a Londra o a Montreal od ovunque nel mondo, facendo leva, gli uni per gli altri, su una qualità che è qualcosa di più di una semplice posizione geografica, se noi lo vogliamo e se noi lo sappiamo, ossia il nostro essere al Margine. Perché è sui margini che nasce il cinema e l’arte più interessante, capace di liquefarsi poeticamente quanto di ferirsi nella prosa dei conflitti reali.

Il mio sogno non è quindi di ritrovarci in pochi ma buoni ma in tanti e diversi, sino ai limiti della massa critica e della inconciliabilità. Riconoscersi nella differenza dell’altro da sé è quello che ci fa attori individuali e non massa sociale. Fare massa critica vuol dire aver capito che nessuno di noi può permettersi di dare un contributo stando alla finestra, invece consapevole di darlo anche solo dicendo “sì ci sono” e nient’altro.

Sogno che una volta costituita (RECIDIVI o d’altro nome che sia) questa Associazione regali una marcia in più ad ogni iniziativa e ad ogni prodotto “locale” (o invece con “radici nostrane” se realizzato lontano da qui) donandogli una sorta di mercato interno, una rete proficua di scambi che ne consentano la veicolazione, la circolazione e una piccola distribuzione non necessariamente solo regionale. Comunque iniziando dal mettere in rete i diversi Circoli del Cinema della UICC quanto della UCCA o della FICC o fuori da ogni controllo, come abbiamo iniziato a fare già in questi due mesi.

Sogno che tutto questo materiale creativo e questa produzione culturale venga giorno dopo giorno rielaborato e rinnovato da una redazione giornalistica che lo trasformi in una newsletter che giri per il mondo, con capacità d’attrazione sul turismo culturale e con un peso specifico nella comunicazione di settore.

Sogno che tutte queste realtà associate, coordinate dalla rete delle Mediateche del progetto Media2000, inizino a mappare il loro territorio, a conoscerne la storia sommersa, a raccogliere il suo patrimonio audiovisivo sin dentro gli archivi famigliari, ricostruendo una memoria antropologica del costume, del paesaggio, dei corpi. Sogno che dentro questi archivi ci entrino anche i nostri scarti di lavorazione e che tutto questo diventi una public librery capace di liberare energie per nuove produzioni, con rielaborazioni artistiche o documentaristiche. Sogno che i patrimoni delle tre Cineteche esistenti, quella Lucana soprattutto con il suo patrimonio di 30.000 pellicole, e le due pugliesi, si riuniscano con le Mediateche regionali e provinciali e con il Centro Studi ABC dell’AGIS, in un sola Cineteca e che questa si trasformi in un centro di produzione culturale, in un volano per le produzioni artistiche per tutto il territorio interregionale.

Sogno che questo avvenga a Bari oppure che Bari la smetta d’essere capoluogo perché non se lo sarà meritato. Sogno che avvenga dentro l’area dimessa della Caserma Rossani in un grande parco verde collegato con lo snodo ferroviario e quindi con aeroporti e autotrasporti, perché possa servire l’intera utenza interregionale, quella giovanile soprattutto, ed essere anche segno di riconoscimento culturale per la città, magari dentro un contenitore multiforme, un museo attivo per l’arte contemporanea. Dovrà avvenire facendo leva sul tessuto universitario delle nostre due Regioni ed avere come attori protagonisti le nuove leve intellettuali che spesso lavorano fuori dai confini regionali e qui non trovano che miseri spazi.

Sogno che in questo spazio, che abbiamo da qualche tempo chiamato Casa del Cinema, le idee e le produzioni culturali si sedimentino, trovino una capacità editoriale che li articoli con vecchi e nuovi strumenti. Sogno che tra venti anni questa Casa del Cinema competa con la Cineteca di Bologna sullo scenario internazionale, diventando riferimento per i paesi balcanici o dell’estremo oriente o del medio oriente, Corridoio 8 permettendo. Sogno che questa avvenga grazie alla nostra capacità oggi di non lasciare nulla per strada, di non consentire più l’asfissia delle idee e delle risorse, lì dove sono invece disponibili e soltanto da mettere in rete.

Sogno che da oggi noi ci si ponga alcuni obiettivi quali la riapertura del centro RAI di produzione che serva entrambe le Regioni; l’affidamento da parte degli enti pubblici di uno spazio dove far crescere la Casa del Cinema in cambio di un lavoro meticoloso e metodico sui repertori cinematografici digitali e video; l’investimento nostro su una testata web che sia anche la nostra piazza virtuale e il luogo degli scambi e delle elaborazioni, luogo aperto ma con spazi chiusi e protetti per la discussione di settore.

Sogno che tutto questo avvenga in modo indipendente e con meccanismi di sussidiarietà con gli enti pubblici e con gli organismi privati da loro creati come la Apulia Film Commission. Sogno che la struttura organizzativa, la spina dorsale di tutto questo sia fatta dalla rete di cooperative Media2000 che fa capo alla Mediateca Provinciale di Matera, coerentemente con il principio di sussidiarietà.

Sogno che vi partecipino attivamente le Università presenti sul territorio ma sogno anche che tutto questo diventi un’occasione unica per le nostre Diaspore per elaborare progetti di partenariato internazionale con cui iniziare a elaborare e vincere progetti per i bandi Media, organizzando workshop utili a far incontrare i nostri produttori di contenuti con i commissioning editors dei grandi network internazionali.

E nel nostro piccolo sogno che noi da subito si inizi a progettare qualcosa e a fornire strumenti utili agli associati. A chiedere che si faccia domanda per uno sportello di Antenna Media o ad organizzare un incontro con sindacati e consulenti tributari sulle modalità di lavoro nel nostro settore, abbandonato alla precarietà anche per responsabilità dei meccanismi pubblici di contribuzione alla cultura.

Piccole cose da fare sin da domani per un sogno che vorrei si realizzasse pienamente nel tempo. Un’onda lunga che arrivi lontano per la quale oggi serve un’onda alta e poderosa che ci veda in tanti associarci e superare il primo scoglio: quello iniziale di dirci “ci siamo!”. Poi magari lasceremo tante pozzanghere in giro e ci ritireremo ma ogni tanto dobbiamo saperci anche risollevare e puntare ancora sullo scoglio. La seconda volta sarà più facile e la terza sarà un gioco.

Questo il mio sogno. Ve l’ho raccontato in tutta onestà. Per me è giunto il momento di sapere se era solo un sogno o se c’era della premonizione. Può essere che dopodomani il sogno si frantumi contro una dura realtà ma non mi sarò svegliato da un incubo e vivrò quindi giorni più allegri. A chi come me vuole recuperare il gusto dei bei sogni e vivere desiderando non posso che rinnovare l’invito a coloro che leggeranno questa a mettersi in contatto sul web con www.recidivi.it per aggiungersi a coloro che stanno dicendo “SI, vogliamo essere tra i soci fondatori di RECIDIVI e faccio per questo anche passaparola!”. Nessuno si immagini escluso e nessuno si consideri fuori, perché questo sogno è il contrario dell’idea di esclusione o estraneità di qualcuno o qualcosa.

Di certo se questo sogno, come sembra, si dovesse realizzare dovrà fare i conti con i sogni tuoi e degli altri, sarà meno assoluto e meno mio ma questo è il sogno e quella è la realtà. Il gioco più bello è in quella!

Buona Decisione a tutti.

03 marzo 2008

VITTIME INNOCENTI E POLITICA DEL TRAFFICO

Due settimane fa leggevo distrattamente la notizia di una persona investita (forse morta?) attraversando quelle strisce pedonali che ricordavo in un altro mio post essere attraversate da me, da mia moglie, dai bambini, a piedi o con le bici ma sempre scontrandoci con auto che non solo non rallentano ma accelerano o si predispongono alla gimcana. Accade sul Lungomare di Bari di fronte a Caserme di Carabinieri e Aeronautica e Palazzi di Provincia e Regione con gli angoli tutti controllati da telecamere. Su questo Lungomare il quartiere già contava due lutti in un anno. Eppure si fanno le piste ciclabili a Pane e Pomodoro come se fossero delle piste di divertimento (uno prende la bicicletta non per attraversare la città ma perché non ha nulla da fare e si mette a giocare come un bambino...) ma non si pensa di impegnare un'intera corsia del Lungomare da Pane e Pomodoro alla Fiera alle bici e con bike sharing collegato per giunta al park & ride già funzionante. Tutto il resto del traffico veicolare deve avere il limite di 30 km orari con attraversamento pedonali rialzati al livello del marciapiede, abolizione dei semafori e introduzione delle rotonde. Il lungomare non è una circonvallazione da percorrere ad alta velocità! In specie quello di Bari che non ha il fronte commerciale sul mare ma arretrato sul marciapiede interno. Le oasi di verde incuneate nella maglia ortogonale vanno tutte collegate con attraversamenti rialzati e obbligo di stop per le auto con semaforo a chiamata per pedoni e per bici (i nostri amministratori si facciano una vacanza in Olanda e vedano come si fa). La Rotonda di Piazzale Diaz è scandaloso che abbia una corsia carrabile anche intorno al semicerchio. Cosa ci devono andare a fare auto sul ciglio del mare. Il marciapiede deve chiudere completamente la rotonda e quella rotonda va lasciata ai pedoni. All'altezza di Pane e Pomodoro c'è infine una Stazione delle Ferrovie dello Stato con fermata e sottopasso pedonale che collega il mare a Japigia. E' chiuso con un cancello ai pedoni! Perché? Per obbligare ad andare in auto a Pane e Pomodoro? Il grosso dei frequentatori di quella spiaggia viene proprio da Japigia. Perché non consentirli di fare come chi da Carrassi vuole andare in Centro di attraversare un sottopasso delle Ferrovie? Tra l'altro questi sottopassi vanno resi attraversabili dalle bici e quello di Bari Nord è abbastanza largo per farsi facilmente ed ha già, contrariamente a Piazza Moro, le discese in alternativa alle scale buone per i disabili quanto per le bici. In questo modo si connetterebbe un quartiere al mare (dopo avergli ridato la vista al mare con l'abbattimento di Punta Perotti sarebbe il caso anche di dargli l'accesso avendolo a poche centinaia di metri) e si consentirebbe un attraversamento in bici lungo tutto l'asse del mare, essendoci all'altezza del porto una pista ciclabile (misera in verità) che si connette alla Fiera.
Buona Giornata di Traffico a tutti i baresi.

01 marzo 2008

Questa mattina mi sono consolato così...

Ricopio questo intevento di Gianni Pardo che mi ha molto consolato, visto che di cadute nel fosso ho riempito la mia vita.

titolo: L'ATTENZIONE POLARIZZATA

Ci sono degli scherzi rivelatori. Ne citiamo due. Per misurare l’intelligenza di uno studente, diceva professore, basta il test della vasca. Io chiedo: “Per vuotare una vasca disponiamo di un cucchiaino, di una tazza e di un secchio. Lei che cosa usa?” La persona normale dice “un secchio”, la persona intelligente dice “tolgo il tappo”. Secondo scherzo. Si chiede: “So che tu sei competente in molte cose, per questo ti chiedo: si dice quattordici e undici fa ventiquattro o quattordici e undici fanno ventiquattro?” Molti risponderebbero “meglio fanno ventiquattro”, provocando la risata dell’altro: “Quattordici e undici fanno venticinque!”
In ambedue queste storielle c’è il sottinteso che si può far passare per scemo un po’ chiunque. In particolare chi ha – o crede di avere – una mentalità logica. In realtà, le persone che dànno la risposta sbagliata sono più intelligenti di quelle che danno la risposta giusta. L’intelligenza, per essere produttiva, deve essere indirizzata al nocciolo del problema. Al test della vasca lo studente che da prima ha detto “il secchio”, e si è visto ridere sul muso, potrebbe dire: “Professore, posso farle una domanda io? Quanta acqua c’è, nella vasca?”. Il professore lo guarderebbe come un marziano ma lo studente potrebbe spiegare che, se acqua ce ne fosse pochissima, e solo nell’incavo del tappo, potrebbe essere il cucchiaino lo strumento più adeguato. Il professore a questo punto direbbe indignato: “Ma lei vuole cavillare? Noi abbiamo presunto che la vasca fosse piena!” “Ed io ho presunto che gli unici strumenti fossero quei tre, che il tappo non si potesse togliere. Allora, chi è lo scemo?”

Chi offre tre possibilità intende con ciò stesso che non ce ne sia una quarta. Diversamente l’interrogato potrebbe rispondere: io non uso né il cucchiaino, né la tazza, né il secchio e neppure tolgo il tappo perché non mi voglio bagnare. Chiamo la donna di servizio. Analogamente, se si offrono due varianti della stessa frase, si chiede una consulenza linguistica, non aritmetica. Chi si accorgesse subito dell’errore nell’addizione potrebbe sentirsi rimproverare che, quando gli mostrano la luna col dito, lui guarda il dito. L’identificazione del problema è fondamentale per la polarizzazione dello sforzo intellettuale nell’unica direzione giusta.

Il linguista non perde tempo per rifare l’addizione, perché non è quello che gli si chiede. Né trova umiliante che non abbia visto il banale errore dell’addizione perché, da umanista, farà probabilmente parte di quelle persone che, ai test d’intelligenza, risultano meno dotate di quanto non siano. Mentre dinanzi ad una sequenza di numeri chi ama la matematica ha forse l’acquolina in bocca, il cervello degli umanisti si chiude immediatamente e mentalmente gli si para davanti un cartello con su scritto, in caratteri enormi, “non hai speranza”.

Ed è vero. Nell’antichità non avevano trovato il test della vasca da bagno ma ridevano di gusto all’immagine dell’astronomo che, per guardare il cielo, cadeva in un fosso. Non si accorgevano di dire implicitamente che un asino, o loro stessi, risultavano così più intelligenti dell’astronomo. E non comprendevano neppure che, se la civiltà deve andare avanti, invece di irridere il vecchio astronomo caduto nel fosso, la prossima volta avrebbero dovuto fornirgli un asino che lo portasse dove doveva andare, dandogli anche la possibilità di studiare il cielo per strada. Per non cadere nel fosso bastano gli asini.

firmato: Gianni Pardo

L'originale si legge alla pagina di Affari Italiani.