01 marzo 2008

Questa mattina mi sono consolato così...

Ricopio questo intevento di Gianni Pardo che mi ha molto consolato, visto che di cadute nel fosso ho riempito la mia vita.

titolo: L'ATTENZIONE POLARIZZATA

Ci sono degli scherzi rivelatori. Ne citiamo due. Per misurare l’intelligenza di uno studente, diceva professore, basta il test della vasca. Io chiedo: “Per vuotare una vasca disponiamo di un cucchiaino, di una tazza e di un secchio. Lei che cosa usa?” La persona normale dice “un secchio”, la persona intelligente dice “tolgo il tappo”. Secondo scherzo. Si chiede: “So che tu sei competente in molte cose, per questo ti chiedo: si dice quattordici e undici fa ventiquattro o quattordici e undici fanno ventiquattro?” Molti risponderebbero “meglio fanno ventiquattro”, provocando la risata dell’altro: “Quattordici e undici fanno venticinque!”
In ambedue queste storielle c’è il sottinteso che si può far passare per scemo un po’ chiunque. In particolare chi ha – o crede di avere – una mentalità logica. In realtà, le persone che dànno la risposta sbagliata sono più intelligenti di quelle che danno la risposta giusta. L’intelligenza, per essere produttiva, deve essere indirizzata al nocciolo del problema. Al test della vasca lo studente che da prima ha detto “il secchio”, e si è visto ridere sul muso, potrebbe dire: “Professore, posso farle una domanda io? Quanta acqua c’è, nella vasca?”. Il professore lo guarderebbe come un marziano ma lo studente potrebbe spiegare che, se acqua ce ne fosse pochissima, e solo nell’incavo del tappo, potrebbe essere il cucchiaino lo strumento più adeguato. Il professore a questo punto direbbe indignato: “Ma lei vuole cavillare? Noi abbiamo presunto che la vasca fosse piena!” “Ed io ho presunto che gli unici strumenti fossero quei tre, che il tappo non si potesse togliere. Allora, chi è lo scemo?”

Chi offre tre possibilità intende con ciò stesso che non ce ne sia una quarta. Diversamente l’interrogato potrebbe rispondere: io non uso né il cucchiaino, né la tazza, né il secchio e neppure tolgo il tappo perché non mi voglio bagnare. Chiamo la donna di servizio. Analogamente, se si offrono due varianti della stessa frase, si chiede una consulenza linguistica, non aritmetica. Chi si accorgesse subito dell’errore nell’addizione potrebbe sentirsi rimproverare che, quando gli mostrano la luna col dito, lui guarda il dito. L’identificazione del problema è fondamentale per la polarizzazione dello sforzo intellettuale nell’unica direzione giusta.

Il linguista non perde tempo per rifare l’addizione, perché non è quello che gli si chiede. Né trova umiliante che non abbia visto il banale errore dell’addizione perché, da umanista, farà probabilmente parte di quelle persone che, ai test d’intelligenza, risultano meno dotate di quanto non siano. Mentre dinanzi ad una sequenza di numeri chi ama la matematica ha forse l’acquolina in bocca, il cervello degli umanisti si chiude immediatamente e mentalmente gli si para davanti un cartello con su scritto, in caratteri enormi, “non hai speranza”.

Ed è vero. Nell’antichità non avevano trovato il test della vasca da bagno ma ridevano di gusto all’immagine dell’astronomo che, per guardare il cielo, cadeva in un fosso. Non si accorgevano di dire implicitamente che un asino, o loro stessi, risultavano così più intelligenti dell’astronomo. E non comprendevano neppure che, se la civiltà deve andare avanti, invece di irridere il vecchio astronomo caduto nel fosso, la prossima volta avrebbero dovuto fornirgli un asino che lo portasse dove doveva andare, dandogli anche la possibilità di studiare il cielo per strada. Per non cadere nel fosso bastano gli asini.

firmato: Gianni Pardo

L'originale si legge alla pagina di Affari Italiani.

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