02 giugno 2008

ALEKSANDRA SOKUROV

Sono corso a vedere GOMORRA e mi sono imbattuto (punito per la mia scarsa frequentazione dei quotidiani e cronica distrazione) in Aleksandr Sokurov che declina al femminile il suo nome nel nuovo film ALEKSANDRA. Non conosco Sokurov ma continuo a non provare alcuna curiosità per la sua maestria. Tanto programmatica quanto banale. Mi riferisco al piano sequenza da guinness dei primati con cui ha battuto Hitchcock nell'ARCA RUSSA Ai nostri giorni. Qui la banalità dei contenuti (le donne e la ragione come antidoto alla guerra) non è nemmeno supportata da uno sguardo antropologico o tantomeno fenomenologico sulla realtà. Tutto ha il sapore artificiale del set da Studio. Nei rari momenti in cui la mdp dovrebbe viaggiare si avverte tanto più l'artificio, come se fosse un vecchio film anni '50. Esemplare il viaggio notturno iniziale o anche la scorciatoia per tornare al Campo militare, fastidiosi espedienti per un set finto. La finzione è la misura di questo film. In tutto. Non c'è la guerra, non c'è nulla da dire su di essa, non c'è la Cecenia, non c'è nulla da dire su di essa. Resta la potenza del cinema nei rari momenti in cui la macchina del cinema registra la realtà: il carro armato visto dall'interno; i volti e i corpi in generale. Porta a casa di questo film solo dieci minuti: la lite tra la nonna Aleksandra e il suo nipote ufficiale, il loro seguente abbraccio e la tenera dichiarazione d'amore della nonna per la rude, sporca e stupida mascolinità. In questi due momenti il film accenna a temi che si avvertono sinceri e carichi di sviluppo. Ma la maniera "autoriale" in cui si rifugia questo regista russo è la nemica del suo potenziale sviluppo. Il cinema è morto, ucciso dai suoi stessi cultori.

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