22 febbraio 2008

L'ABORTO E' COME LA GUERRA...

Dispiace leggere una lettera come quella di Olga Andreoli e non condividerla per niente. Dispiace perché sarebbe comodo essere d'accordo con chi il disagio e il dolore di un'esistenza lo vive sulla propria pelle. Si dovrebbe tacere ma si può! E' Olga che ha voluto prendere la parola e per rispetto nei suoi confronti è giusto risponderle senza mezze misure.
Innanzitutto una questione di stile. Ferrara come Berlusconi lo si può offendere senza timore ma offendere una persona nel suo handicap e con tale veemenza (coglioni troppo piccoli e mammelle troppo grosse) non è lecito. Altrimenti sarebbe lecito dire ad Olga di stare zitta perché ha il cervello troppo piccolo.
Ora Olga mi sembra abbia dato ampia prova di saper usare molto meglio il suo cervello di tanti che "mezzi tonti" (come lei si definisce) non sono. E per entrare nel merito della sua lettera vorrei ricordare che il più grande scienziato del nostro tempo. Stephen Hawking è affetto dalla sclerosi laterale amiotrofica e condannato da questa malattia alla completa immobilità, potendo esprimersi e lavorare solo grazie ad una cannuccia in bocca. Questo non gli ha impedito non solo di sedere sulla cattedra di Newton come astrofisico di fama internazionale ma anche di diventare uno dei pochi geni del nostro tempo capace di comunicare con il grande pubblico, scrivendo più di un best seller suì più complicati grattacapi scientifici del nostro tempo.
Basterebbe questo a smentire l'argomento che una vita da handicap non valga la pena di essere vissuta ma francamente questo argomento non convincerebbe nemmeno me. E' sempre troppo comodo parlare del dolore di altri.
Quello che trovo invece insopportabile di questo dibattito è la confusione dei termini in discussione. Argomentare come fa Olga Andreoli a favore dell'aborto portando come argomento le difficoltà a vivere di un handicappato è assurdo. Non si può nemmeno lontanamente pensare ad uno Stato che per ragioni di tal natura levi la vita a qualcuno. Da qui all'eugenetica nazista manca davvero poco.
Io in questo la penso come Pier Paolo Pasolini. A pochi giorni dal voto per il referendum Pasolini scrisse sul Corriere della Sera un editoriale esemplare. Ne riassumo a memoria il contenuto o almeno quello che si radicò in me che all'epoca non ero nemmeno maggiorenne e non votavo. Nessuno, scrisse Pasolini, mi convincerà che l'aborto non sia un omicidio. Potete usare tutti gli argomenti scientifici che volete per me tale rimane. Nonostante ciò io voterò a favore di un aborto legalizzato e assistito perché questo mi impone di fare la mia coscienza civile.
Aggiungo io: l'aborto è come la guerra. Non si può rimanere puliti e pretendere di discuterne la necessità che la rende giusta. Fanno tutte schifo. Eppure c'è un dovere civile che impone di farle quando non farla risulta peggiore. Nulla rende un aborto giusto! Se non quello che salva la vita ad una donna. Nella maggior parte dei casi l'aborto è una schifezza ma non spetta allo Stato decidere nel merito. Lo Stato deve garantire alla persona alcuni spazi di manovra nelle scelte etiche. E l'aborto come molti casi di eutanasia sono uno di questi. L'errore di Ferrara è quello di ricadere in una domanda di Stato Etico. Per tutto il resto lui ha ragione, non ci si può lavare le mani da ogni dovere morale sapendo che tanto c'è l'aborto. Vale per le prostitute come per una minorenne. Ma questo è un problema della società e non un problema di norme legislative. Una legge che garantisca un aborto legalizzato e assistito è una legge civile. D'altro canto se Ferrara come argomento porta quello citato da Olga Andreoli di uno Stato che disponga "procedure, strutture e persone in grado di" spiegare alla povera sfortunata che "il suo rifiuto di maternità" può essere superato "con argomenti solidali di tipo scientifico, assistenziale e psicologico."; bene, caro Ferrara, come può questo Stato dialogare con la donna sfortunata se veste i panni dello Stato repressore e con l'arma del reato penale? Di mio aggiungo che credo davvero poco in questo meccanismo che Ferrara invoca. Sappiamo tutti quanto possa essere fastidioso e inefficace. Ci si vuole far carico delle vite inespresse che l'aborto lascia per strada? Si vogliono creare nuovi orfanotrofi o istituti per giovani madri? Stiamo parlando allora di Stato sociale e non più di aborto. E credo che abbiamo tutti maturato la consapevolezza che in questi interventi valga più il principio della sussidiarietà che non quello dell'intervento diretto. Non vorrei essere nel panni di quella donna che non solo ha deciso di abortire ma deve anche sorbirsi un assistente sociale di turno o uno psicologo della mutua. Che sia invece la società civile a rispondere a questo impulso etico, Lo Stato non potrà fare altro che riconoscerne la validità e se capace di finanziarla e aiutarla. Ma per quanto mi riguarda avrebbe pari diritto di considerazione etica e assistenziale anche un sostegno psicologico alla donna che l'aborto ha scelto infine di portarlo a termine. Esattamente come un soldato tornato da una guerra di prima linea dove ha dovuto uccidere se non massacrare. A queste condizioni sarei favorevole alla estensione della dichiarazione sui diritti umani anche alla vita concepita. Ed in questo torno a non essere d'accordo con Olga, nessuna vita merita di non essere vissuta. O quantomeno nessuno può dirlo se non sulla sua ed una madre su quella che porta in grembo (che per quanto mi riguarda è sua sino a quando non resta che tagliare il cordone ombelicale).

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