29 agosto 2009

Guardate e ascoltate questa intervista a Ignazio Marino

28 agosto 2009

Un palmo con l'optional della figa | Palm with pussy-option

sai che smanettate! grande questa ragazza...

26 agosto 2009

Adesso Ammazzateci Tutti | Kill Us All, Now

Ho scoperto per caso questa video artista che usa You Tube in modo decisamente personale ed espressivo, la invidio...

25 agosto 2009

IL PARTITO DEMOCRATICO COME PARTITO LIBERALE?

Pubblico questo testo che sposta l'alternativa tra "destra" e "sinistra" su "conservatori" contro "liberali".

PATERNALISMO E LIBERALISMO

Angelo Panebianco sul Corriere della Sera del 17 agosto ha scritto: “La via liberale, quella che chi scrive preferirebbe (e che, nel lungo periodo, credo, sarebbe la carta vincente per il Sud) è quella che dice: solo i meridionali, e nessun altro, possono risolvere i loro problemi. Lo Stato, quindi, offre al Sud, come ha suggerito da tempo l’istituto Bruno Leoni, solo l’opportunità di trasformarsi in una grande no tax area interrompendo contestualmente i flussi di trasferimento di risorse. Lo Stato resterebbe al Sud solo con gli apparati della forza (per contrastare la criminalità) e i servizi pubblici essenziali. A quel punto, probabilmente, si scatenerebbe un conflitto feroce fra le forze modernizzatrici del Sud (che ci sono) e quel «clientelismo senza risorse», fino ad oggi dominante, di cui ha parlato recentemente il presidente della Confindustria siciliana Ivan Lo Bello. Essendo cambiate le condizioni del gioco, le forze modernizzatrici avrebbero, per la prima volta, la possibilità di prevalere. Solo quando, dopo qualche tempo, si fosse messo in moto un processo di sviluppo auto-sostenuto (con il miglioramento del capitale umano, con una maggiore efficienza delle amministrazioni pubbliche, con una raggiunta capacità di attirare capitali) le varie regioni del Sud passerebbero progressivamente, anche del punto di vista fiscale e istituzionale, nella fascia A, quella delle regioni sviluppate.”

Ossia per Panebianco la politica meridionalista è a un bivio: o il governo propende per una scelta liberale o per una scelta paternalista. Dalla proposta di una nuova “Cassa del Mezzogiorno” e dai prossimi aiuti finanziari a “pioggia”, già anticipati con quattro milioni di euro alla Sicilia, il governo sceglie il paternalismo. Il paternalismo è la scelta politica tradizionale perché offre a chi governa la possibilità di “comprarsi” il consenso al prezzo di mantenere il meridione soggetto al ricatto del regime e delle mafie locali, sterilizzando qualsiasi iniziativa “modernizzatrice”.

Emblematicamente tutta la storia d’Italia può essere esaminata sotto la lente d’ingrandimento di questa alternativa: paternalismo e liberalismo. In fondo quando si preferì lo stato accentrato piuttosto che quello decentrato proposto da Minghetti, è il paternalismo ad averla vinta sull’eresia liberale. Il trasformismo del tempo di De Pretis, il periodo crispino ed anche quello giolittiano (sostanzialmente con l’abuso dei prefetti nel meridione d’Italia per addomesticare le elezioni), la guerra 15-18, il fascismo, il regime partitocratico postfascista, sono tutti periodi storici in cui il paternalismo ha dettato l’azione delle classi dirigenti.

Una forza politica (...) non radicalmente riformatrice, (...) quale sbocco per il partito Democratico, non sarebbe dotata di quella cultura politica idonea per cambiare il destino dell’Italia. (...) In tal modo le scelte paternaliste avrebbero sempre la meglio. L’obiettivo (da perseguire) è (invece) quello di sostituire alla vecchia alternativa tra “destra” e “sinistra”, quella tra conservatori e liberali. Conseguentemente è il contenuto delle politiche e non la nostalgia di un passato, ormai definitivamente trascorso, deve dettare la lotta politica. Sostanzialmente è quanto indica Panebianco nel suo fondo. L’indicazione non vale, però, solo per la questione meridionale, vale anche per la questione “democrazia” nel nostro paese. Perciò occorre un soggetto riformatore “di” liberali e “di” democratici distinto (e non distante) dai socialisti, antagonista dei conservatori e nemico irriducibile di qualsiasi fondamentalista. (bl)

21 agosto 2009

ENTROPIA COME MISURA DEL TEMPO

Il tempo è l’entropia. L’entropia aumenta sempre e con essa, si sa, il disordine. Questo aumento del disordine ci da la misura di quanto tempo è passato. Mettere ordine vuol dire dunque rallentare il tempo? La fisica ci dice che anche l'attività di mettere ordine produce un eccesso di disordine e mantiene valida la legge dell'entropia. Però noi mettiamo ordine in un dato spazio e immettiamo disordine in un altro. La mia scrivania si ordina e la temperatura della stanza sale a causa della mia attività. Ho dunque spostato il disordine da una parte all'altra e siccome il tempo non è assoluto e univoco per tutto l’universo devo anche aver accellerato il tempo nella mia stanza vista da fuori ma rallentato il tempo sulla mia scrivania. Infatti un ordine assoluto e definitivo corrisponderebbe a fermare il tempo. come accade in un buco nero. Un buco nero è quindi un luogo dove tutto viene rimesso nel suo ordine assoluto e definito. Oppure per altri questa è solo un’illusione prospettica, ossia il buco nero che per noi è l’ordine assoluto è dall’altra parte un'immissione di questo stesso ordine, che si è voluto sottrarre alla legge del tempo, in un nuovo flusso entropico, in un disordine altro, un altro universo. In questo secondo caso l’entropia continua e il tempo si limita solo a passare da un’altra parte. E il tempo dei miei libri, dei miei oggetti riordinati, dei libri messi in ordine alfabetico dove passa?

14 agosto 2009

DIETRO GLI SCANDALI D'ALEMANNO?

Solo sulla pubblicistica di estrema destra si trovano analisi di questo tipo. Come mai? Eppure non c'è alcuna traccia di congetture fanatiche e i conti sembrano tornare tutti. Pubblico un articolo comparso sulle pagine web di "Azione e Tradizione". E se cliccate qui o sul titolo vi rimando ad una pagina di iniziativa politica dentro il PD ma oltre il suo attuale scenario di nomenklatura.

"D'Alema ed Alemanno contro Vendola ed Emiliano. Gli intrighi di palazzo ai danni della Regione Puglia"
di Gianvito Armenise

Le inchieste giudiziarie che stanno sferzando da qualche settimana la classe politica pugliese hanno fatto emergere, anzitutto, una serie di contraddizioni e di metastasi tutte interne al centro-sinistra. Infatti, soltanto una lettura poco attenta e superficiale dell’intera vicenda condurrebbe a trarre conclusioni affrettate e limitate al mero aspetto processuale magari arricchito di qualche particolare “hard” molto adatto ad un pubblico da ombrellone estivo. Quello che ci proponiamo è, invece, di scandagliare più in profondità l’aspetto politico della vicenda per investigare i legami meno noti ed apparentemente sparsi nel tempo e nello spazio al fine di far emergere delle relazioni di sicuro interesse.

Ciò premesso, è indubbio che quella a cui si sta assistendo è una guerra senza esclusione di colpi che vede l’un contro gli altri armati D’Alema, il sindaco di Bari Emiliano ed il governatore della Regione Puglia Vendola. Una guerra senza esclusioni di colpi che ha inizio, almeno, nei mesi che hanno preceduto la scorsa campagna elettorale per le amministrative e per le europee. Infatti, la decisione di Vendola di correre per un seggio alle europee con il suo movimento “Sinistra e Libertà” nato da una scissione all’interno di Rifondazione Comunista, non venne gradito dal PD di D’Alema. Vendola dichiarò – in quella circostanza - di non necessitare di alcun lume tutelare né di precettori. Durante quel braccio di ferro si inserì uno colonnelli del “leader Maximo di Gallipoli” Nicola Latorre il quale con tono lapidario avvertì: “(…) mi auguro che abbia considerato e soppesato le conseguenze politiche che la sua scelta di candidarsi alle europee potrebbe avere” (1).

Chiaro il messaggio rivolto a Vendola? Siamo agli inizi di aprile del 2009. La giustificazione ufficiale dei d’alemiani era riconducibile ad un aspetto politico: quello di evitare i doppi incarichi che avrebbero potuto causare un’eccessiva proliferazione di compiti.

Il secondo fronte del conflitto riguarda, invece, il Comune di Bari. Sempre in quelle settimane convulse che precedette l’ufficializzazione dei nomi dei candidati sindaci nel capoluogo pugliese, Emiliano candidato per il centro-sinistra nonché segretario pugliese del Partito Democratico, fu costretto a sponsorizzare il nome dell’on. De Castro per un posto sicuro nella lista del PD alle europee. Infatti, come si è poi verificato, l’elezione di De Castro a Strasburgo ha consentito all’indagato Alberto Tedesco di subentrare proprio a De Castro al Senato della Repubblica Italiana come primo dei non eletti e godere, quindi, delle garanzie derivanti dall’immunità parlamentare. Alberto Tedesco, ex assessore regionale alla sanità pugliese, della corrente socialista del PD e coinvolto in una serie di scandali su cui la magistratura sta indagando, aveva minacciato di candidarsi come sindaco di Bari se non gli fosse stato assicurato un posto proprio a Palazzo Madama (2). Il più preoccupato di questa scelta, ovviamente, era proprio Emiliano, timoroso di perdere voti a sinistra nella competizione amministrativa barese. Dal canto suo De Castro non aveva alcuna intenzione di correre per le europee sia pure per un seggio sicuro al parlamento europeo (3) ma dovette sottostare al segretario regionale Emiliano. Da quel momento i veti incrociati e le faide interne al PD esplosero e si fecero più marcate.

Finite le elezioni con la vittoria di Emiliano a Bari, Vendola azzera improvvisamente la giunta regionale rincorso dalle voci di probabili coinvolgimenti di suoi assessori in scandali giudiziari. Riceve il “no” secco dell’UDC e del movimento della Poli Bortone “Io Sud”. La nuova giunta vendoliana è una dichiarazione di guerra a D’Alema con nomi di assessori esplicitamente ostili al “baffetto” e concordato proprio con Emiliano frattanto candidato alla segreteria regionale del PD. I “D’Alema boys” nella nuova giunta targata Vendola perdono Frisullo e vedono inserirsi i nomi dell’economista Viesti (in passato ostile a Frisullo), dei democratici (ex Margherita) Capone e Amati vicini a Franceschini ed in rotta proprio con D’Alema nella corsa alla segreteria del PD (4).

Evidente la risposta politica di Vendola ed Emiliano a D’Alema. La partita che si sta giocando coinvolge i destini della segreteria regionale pugliese del PD, tappa intermedia per poter poi determinare il candidato per le elezioni regionali del 2010 con tutto quello che ciò comporterà in tema di scelte politiche ed economiche sui destini della Regione Puglia crocevia di importanti accordi in campo energetico ed industriale. Ed il nome gradito alla corrente di D’Alema sarebbe Francesco Boccia, già assessore al Comune di Bari, consulente di Romano Prodi, amministratore straordinario del Comune di Taranto in dissesto finanziario, già sconfitto nelle primarie del 2005 proprio contro Vendola e capace di dialogare con la parte moderata come l’UDC. (5)

Dunque, ci si trova davanti a colpi e contraccolpi che coinvolgono esponenti di primo piano del Partito Democratico sia a livello nazionale che a livello locale con accordi e smentite all’ordine del giorno. L’altra linea di combattimento è, quindi, la corsa alla segreteria regionale e nazionale del PD con Emiliano e D’Alema ancora una volta belligeranti. Su questo fronte D’Alema è giunto a Bari il 31/07/2009 per sciogliere le riserve ed ufficializzare il nome del sindaco di Melpignano (Lecce) Sergio Blasi per la mozione Bersani in Puglia. Da notare il messaggio politico a Vendola di disponibilità ed apertura in chiave anti-Emiliano in quanto Blasi vanta una solida amicizia proprio con l’attuale governatore della Regione Puglia. Nell’annunciare il nome del Sindaco di Melpignano D’Alema non ha risparmiato frecciate proprio al sindaco di Bari: “il partito non è un dopolavoro, né un secondo o terzo lavoro: richiede un impegno pieno”.

Compresi fronti di battaglia, scenari tattici, alleanze presunte ed effettive resta da chiedersi perché tutto questo interessamento per la regione Puglia da parte di D’Alema & Co. Occorre interrogarsi sui motivi (inconfessabili) che stanno alla base di questo flirt di D’Alema e dei suoi uomini per i destini della porta d’oriente d’Italia. E questa ricerca investigativa ci porta fino a Roma, nella capitale governata da Gianni Alemanno, neoeletto sindaco di Roma. E proprio Alemanno sta facendo da apripista a D’Alema. Fantapolitica? Affatto. Se si leggono le cronache politiche e finanziarie degli ultimi mesi si capirà bene che i destini della Puglia e dell’Acquedotto Pugliese passano da Roma e vedono alleati proprio D’Alema, Alemanno, Geronzi (numero uno di Medio Banca) e Caltagirone (noto costruttore romano impegnato nel campo dell’editoria e la cui figlia è compagna di Pierferdinando Casini, leader dell’UDC protagonista anche in Puglia di accordi proprio con il PD).

Il patto Alemanno-D’Alema (subito ribattezzato “D’Alemanno”) è datato maggio 2009 e ruota attorno all’ACEA, l’azienda capitolina impegnata nel settore energetico ed idrico (6) con ben 3 miliardi di euro di ricavi e 200 milioni di utili annui (7). ACEA vede una quota di partecipazione maggioritaria il Comune di Roma e quote minoritarie appartenenti per il 7,5% a Caltagirone e per il 10% ai francesi di Suez-Gaz de France. Venerdì 8 maggio 2009 occorreva individuare uno dei nuovi consiglieri di amministrazione di ACEA ed il sindaco Alemanno, con il suo 51% di quote aveva stabilito che il nome dovesse essere indicato dal PD romano. All’inizio tutti d’accordo sul segretario generale dell’Anci, Angelo Rughetti (8) fino a quando non interviene D’Alema per scompaginare ogni ipotesi di accordo e far sedere un uomo a lui vicino: Andrea Peruzy, il quale oltre ad essere membro in molteplici consigli di amministrazione (Alenia, Poligrafico, Crédite Agricole) è azionista anche di Suez nonché, aspetto fondamentale della vicenda, tesoriere della fondazione d’alemiana Italiani Europei (9).

Il nome del d’alemiano Peruzy, quindi, costituisce l’anello di congiunzione mancante per completare il mosaico che giunge fino in Puglia e che vede interessi convergenti del PD con l’UDC. Caltagirone, infatti, in ACEA ha uomini considerati a lui molto vicini: il presidente Giancarlo Cremonesi e “l’amministratore delegato Marco Staderini (uomo di fiducia del genero di Caltagirone, Pier Ferdinando Casini)” (10).

D’altronde il “patto d’acciaio” Alemanno-D’Alema si è ripetuto negli stessi giorni di maggio allorché è comparso il nome di De Bustis “banchiere rosso” del Monte dei Paschi di Siena (11), amico di D’Alema nella costituenda Fondazione Roma Mediterraneo. Un progetto colossale a cui sta lavorando il sindaco Alemanno per promuovere la città di Roma nel bacino del Mediterraneo (12). Questa fondazione dovrà gestire, nel prossimo quinquennio, un patrimonio colossale da 1,5 milioni di euro. I protagonisti dovrebbero essere la società londinese mercantile Bridge Ltd collegata proprio al nome del d’alemiano De Bustis e costituita il 12 maggio 2009 appena 24 ore prima della delibera approvata in Giunta Comunale per la costituzione della Fondazione (13).

Insomma, il flirt tra Alemanno (di origini baresi) e D’Alema avanza e si rafforza. Ma torniamo alle vicende pugliesi. L’ingresso di un uomo di D’Alema nel consiglio di amministrazione di ACEA consentirà di dettare legge sul business dei dissalatori, dell’energia elettrica e dell’acqua. Occorre ricordare che fu proprio il governo D’Alema che avviò nel marzo del 2000 la vendita dell’Acquedotto Pugliese spa all’Enel mediante trattativa diretta ed escludendo, di fatto, le Regioni Puglia e Basilicata. Trattativa poi naufragata per le polemiche che tale decisione sollevò e per il ritiro dell’Enel dalle trattative. (14) Nei mesi successivi a quelle fasi concitate, Alemanno contestò l’ingresso del colosso Enel in Aqp ma non la privatizzazione in quanto tale preferendo l’ingresso di realtà locali in Aqp (15) e nel giugno del 2002 si parlava di un forte interessamento proprio di Calragirone per l’Acquedotto Pugliese (16). La partita della Presidenza della Regione Puglia, quindi, ha come tavolo di gioco il destino dell’Acquedotto Pugliese, il primo acquedotto d’Europa con una rete idrica di ben 20.000 km, 400 impianti di sollevamento, più di 300 serbatoi, 161 impianti di depurazione, 20,8 m3/s di portata e che alimenta un sistema di quasi 150 imprese con più di 10.000 addetti (17). Sulla privatizzazione dell’acquedotto Pugliese, Vendola si è sempre opposto (malgrado la defenestrazione di Petrella) mentre Francesco Boccia non ha mai mostrato riserve di alcun tipo. L’allora assessore all’Economia del Comune di Bari dichiarava senza mezzi termini che “bisogna rispolverare l'idea che Massimo D' Alema aveva nel 1999” (18), ossia proprio la privatizzazione dell’Acquedotto Pugliese con la cessione all’Enel.

Boccia candidato ideale per governare la Regione Puglia, capace di guardare al centro e dialogare con l’UDC e ben visto da D’Alema. Vendola colpito da scandali giudiziari ed impresentabile per ricoprire il secondo mandato. Michele Emiliano, alleato di Vendola nella sfida anti-D’Alema, uscirà sconfitto nella corsa alla segreteria pugliese del PD e non potrà far valere il suo “peso” nella scelta del candidato ideale per guidare la Regione Puglia nel lustro 2010-2015.

Gli scandali giudiziari toccano il PD? Chissenefrega. D'altronde riguardano Tedesco, componente socialista, sponsorizzato da Emiliano (per tornaconti elettorali). D’altronde D’Alema a Bari qualche giorno fa l’aveva detto: il PD non è un’associazione a delinquere e non ha legami con la criminalità organizzata .(19)

Staremo a vedere ma di una cosa siamo certi: i destini della Puglia saranno irrimediabilmente segnati se si continuerà a guardare a questa regione con gli stessi appetiti di chi l’ha depredata negli ultimi 40 anni.

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NOTE:
1) “Latorre: non temiamo candidatura di Vendola” di Valentino Losito da “la Gazzetta del Mezzogiorno” del 08/04/2009.
2) “L'ex assessore alla Sanita pugliese, Alberto Tedesco: il Pd candidi De Castro alle europee o i socialisti del Pd sono pronti a scendere in campo da soli” di Bepi Martellotta da la Gazzetta del Mezzogiorno” del 08/04/2009.
3) “De Castro: A Strasburgo? Preferisco restare a Roma” di Alessandro Flavetta da “la Gazzetta del Mezzogiorno” del 02/04/2009.
4) “L’ultimo schiaffo al Pd: blitz concordato con D’Alema, Franceschini e Casini” di Francesco Strippoli da “Il Corriere del Mezzogiorno” del 07/07/2009.
5) “Vendola contro D'Alema, e il Pd si spacca sul rimpasto” di Paolo Russo da “la Repubblica” del 03/07/2009.
6) “Acea iacta est. Nasce la santa alleanza tra Caltagirone e D’Alemanno” di Claudio Cerasa da “il Foglio” del 13/05/2009.
7) “Gli intrighi di D’Alema: per risorgere fa accordi con Alemanno e Casini” di Laura Cesaretti da “il Giornale” del 13/05/2009.
8) “Acea iacta est (…)”, cit.
9) “Gli intrighi di D’Alema (…)”, cit.
10) Ibidem.
11) Il nome di de Bustis è legato alle tristi vicende di alcuni prodotti finanziari come "My Way" e "4You" ed alle vicende della banca 121. Si veda: “Un banchiere rosso per Alemanno”, di Stefano Sansonetti da “Italia Oggi” del 08/07/2009.
12) “Un banchiere rosso per Alemanno”, cit.
13) Ibidem 14) Mozione della Camera dei Deputati, seduta del 19 novembre 2001.
15) “Acquedotto, l'Enel pronta a lasciare Alemanno: uso improprio dei fondi” da “la Repubblica” del 06/11/2001.
16) “Caltagirone e Acea una pista per Fitto che piace a Casini” da “la Repubblica” del 14/06/2002.
17) “D’Alema, l’acqua e la Regione” di Saverio Ricci da “il Resto” del 12/07/2009.
18) “Boccia: l'Aqp resti pubblico e il Comune entri nel capitale” di Lello Parise da “la Repubblica” del 19/02/2005.
19) “D’Alema difende il partito: niente tangenti nei bilanci” di Francesco Strippoli da “il Corriere del Mezzogiorno” del 01/08/2009.

13 agosto 2009

ITALIA DEI VALORI CONTRO NICHI VENDOLA

RIPORTO INTEGRALMENTE UNA NOTA DI ADELE DENTICE SULLA VICENDA:
"Nella tempesta sanità si è aggiunto il veleno nauseante dello sciacallaggio politico, fisiologico dopo ogni cataclisma, una fase questa dove si oltrepassano i limiti consentiti cercando di rubare facili consensi per sostituire se stessi ad altri; prevedibile, quindi, l'isolamento politico di Vendola, la sua messa in un angolo da parte di chi, come l'Italia dei Valori, pur avendo rifiutato incarichi nella seconda giunta regionale - dopo aver però dispensato attestati di stima al governatore per il recente rimpasto - ora mette in atto iniziative mediatiche inutili magari per poi soddisfare il proprio appetito di poltrone grazie alla visibilità ottenuta; mi riferisco al sit-in "di solidarietà" al pm Di Geronimo tenutosi il 10 agosto davanti al tribunale (e presenziato dal partito di Di Pietro), che è stato è un segnale veramente negativo. Personalmente continuo a ritenere che la politica sia etica, serietà e impegno e, pur essendo critica rispetto all'operato della attuale giunta regionale, credo che comunque debba meritare una analisi corretta e ritengo moralmente discutibile lo strumentale attacco che mira ad addossarle tutta la responsabilità dello sfacelo attuale, un disastro le cui radici affondano nella rete della malapolitica che ha preceduto il governo in atto. Se Vendola ha fallito sulla sanità, su cui aveva costruito la sua battaglia elettorale e su cui ha vinto nell'oramai lontano 2005, non possiamo certo dimenticare l'offensiva del governo di Fitto - Palese contro la sanità pubblica e il Piano di Riordino ospedaliero che tagliava interi reparti ridimensionando gli ospedali di Terlizzi, Trani, Bisceglie, Maglie,Triggiano, Il SS. Annunziata di Taranto, il Giovanni XXIII di Bari ed il Vito Fazi di Lecce (Il taglio complessivo sarebbe di 2.200 posti letto). L'idea era quella di attuare un pesante ridimensionamento delle strutture sanitarie pubbliche, con servizi ridotti e poco funzionali e potenziare, attraverso varie e laute convenzioni, gli amici privati. Quindi sanità di serie A e sanità di serie B e l'introduzione di ticket, mercificando anche il diritto imprescindibile alla salute. Le responsabilità di Vendola nel terremoto in atto che si sta abbattendo sulla sua giunta è nella "continuità", soprattutto nella scelta dei nomi da collocare ai vertici della sanità, nomi indifferenti ai «cambi di regime»; un elenco lunghissimo in cui territorio per territorio troviamo le stesse persone da destra a sinistra: "il comitato d'affari" come lo ha definito lady Asl Lea Cosentino, di cui Vendola non poteva non sapere. E non poteva non sapere se le scelte politiche sono andate verso una direzione che ha permesso il varo di provvedimenti legislativi ad personam o sostituzioni di nomi ai vertici delle direzioni sanitarie, per accontentare il nome unico cha aleggia su tutta la sanitopoli pugliese. Oggi, ciò che mi disturba è quello che altri stanno cercando di fare cavalcando la vicenda per far credere a tutti di essere i "giusti salvatori" una palese prova di esercizio puntata alla facile ricerca del consenso. La politica per me, lo ripeto, è "etica, serietà e impegno", lontana da quell'appetito che si è scatenato trasformando in un evento ciò che dovrebbe essere riflessione e, per molti, una possibilità persa di stare zitti. Le forze politiche che oggi si autoproclamano "l'unica opposizione" e pretendono di rappresentare il disinteresse impersonificato, incitando la magistratura a fare il proprio dovere, sono le stesse sulla cui linearità politica bisognerebbe discutere. Basterebbe ragionare sulle posizioni contraddittorie in materia ambientalista dell' IdV, che nel 2006 si definiva contro gli inceneritori , mentre poco più di una anno fa esattamente il 7 GENNAIO 2008 il suo leader allora ministro affermava "Avremmo potuto avere termovalorizzatori efficienti ed efficaci già da molti anni se non ci fossero stati ostacoli in nome di uno pseudoambientalismo di facciata", o la pattuglia di senatori dell'Idv che ha votato con il centrodestra per salvare la società per il ponte sullo Stretto di Messina."

Non ho alcuna simpatia per Italia dei Valori e sono contento di sentire una voce dissonate che pone questioni politiche. Adele Dentice, ex Rifondazione Comunista, uscita subito dopo i compromessi fatti da Vendola nella formazione della prima Giunta e che avrebbe preferito che si rinunciasse a governare dopo la vittotia elettorale per mantenersi puri all'opposizione. A lei chiedo:
- se la politica di Fitto era "quella di attuare un pesante ridimensionamento delle strutture sanitarie pubbliche, con servizi ridotti e poco funzionali e potenziare, attraverso varie e laute convenzioni, gli amici privati." in nome di quale alternativa si è votato Vendola? Sono d'accordo con lei a dire che è troppo facile oggi imputare a Nichi Vendola ogni male ma proprio per questo non occorrerebbe chiedersi su cosa si è formata un'alleanza anti Fitto? Perché è da queste alleanze elettorali che nasce la necessità dopo di doverle rispettare e costruire degli assetti di Giunta, di governo. Se la questione è politica e non morale allora che ognuno se ne assuma la sua responsabilità, compreso Adele Dentice come ex R.C. e oggi Per il Bene Comune. Quale riforma sanitaria avrebbe dovuto atture Vendola? Non sento risposte chiare e convincenti.
- a sentire Italia dei Valori io non faccio salti di gioia ma non mi sono chiare le accuse di incoerenza mosse da Adele Dentice. Non sono ambientalisti e non sono contro il Ponte sullo stretto? E allora? Cosa c'entra? O per Adele Dentice la politica è etica solo quando si persegue quella che per lei è una politica giusta? Sarebbe come cadere dalla padella del moralismo giustizialista alla Di Pietro alla brace di un integralismo da "pensiero unico". Alla fine quello che si capisce è che si vuole contestare a Italia dei Valori di essere gli unici "oppositori" di Vendola da sinistra. Un argomento che fa sorridere visto il peso che Italia dei Valori ha a confronto con le piccole forze di opposizioni di grillini, per il bene comune, rifondazione stessa e suoi corollari. Anche perché non si capisce in nome di cosa questi ultimi contesterebbero Vendola ed è qui che torna tutta la questione politica. Italia dei Valori lo fa in nome della sola "questione morale". Tutti gli altri dicono "sì, però" ma poi non continuano il discorso.
La conclusione è che Nichi Vendola va difeso nel merito politico da quanti pur avendo partecipato alla sua vittoria ora esulano dal dirci quale alternativa si voleva o si doveva praticare sulla Sanità in Puglia. Va invece reguardito se lui per primo fugge da tale verifica politica e si nasconde dietro insunuazioni sul PM e richiesta di incompatibilità territoriali. Non ci piacerebbe infatti assimilare la Puglia di Vendola alla Campania di Bassolino... ma forse Nichi su questo non è così netto e ci dispiace assai. Ovvio che in tale ambiguità trovi spazio Italia dei Valori. E' uno spazio legittimo anche se per me non condivisibile al 100%.

12 agosto 2009

Guarda "Rosso antico: una storia di vita nel Pci e nella Cgil e un bilancio politico" su la Rete delle Rose Rosse del PD

la Rete delle Rose Rosse del PD
dal Sud riparte il Partito Democratico aperto alla società civile
Angelo Anam...
Guarda 'Rosso antico: una storia di vita nel Pci e nella Cgil e un bilancio politico'
Link:
Rosso antico: una storia di vita nel Pci e nella Cgil e un bilancio politico

Informazioni su la Rete delle Rose Rosse del PD
una rete interregionale nata a Manfredonia, in Puglia, per rilanciare un Partito che diventi realmente rappresentativo e passionario
la Rete delle Rose Rosse del PD 63 membri
76 fotografie
28 brani
24 video
33 discussioni
21 post del blog
 
Per controllare le e-mail che ricevi su la Rete delle Rose Rosse del PD, fai clic qui

Bari : 11- 8- 09 -VENDOLA CI RISPONDI ?

08 agosto 2009

NON POSSIAMO UNIFORMARCI A VENDOLA E D'ALEMA PER NON ESSERE COME DI PIETRO E GRILLO

Non ho mai amato l'antiberlusconismo condito di giustizialismo e moralismo ma... chi di spada ferisce di spada perisce! Non ho mai sopportato il berlinguerismo delle mani pulite, della superiorità etica dell'essere comunisti, della "biopolitica" del fare opposizione perché diversi e moralmente superiori... tutti modi per nascondere il proprio fallimento politico e la propria impossibilità di operare vere trasformazioni e soprattuto di svolgere un ruolo moderno e di rinnovamento (al contrario! non fu forse Berlinguer il primo a parlare di rivoluzione da coniugare con tradizione e conservazione?). Ora questo fallimento è sotto gli occhi di tutti. La Sinistra di Vendola e il Centro-Sinistra degli eredi del PCI e della DC non sono capaci di proporre alcuna alternativa al sistema del consociativismo e della partitocrazia da loro stessi edificato con tanto sforzo e amore. Odiano Berlusconi non per i suoi contenuti ma perché gli ha rovinato la festa. Loro sono semplicemente il baluardo della cosidetta Prima Repubblica in un Paese che non ha mai ufficilmente indetto la Seconda solo e unicamente per tenerla sotto il cappello protettivo della Prima. Esiste su questo un patto di non belligeranza tra Berlusconi ed eredi di Moro e Berlinguer che consente al primo di tenersi il suo monopolio e ai secondi di conservare la loro posizione di rendita politica.

Ecco dunque che in Puglia, alla prova continuata di Governo (per molti versi riuscita lì dove si è confrontata con gli scenari nuovi che le nuove generazioni hanno portato con sé ed il cui entusiasmo non poteva essere deluso), il meccanismo si inceppa sul più evidente dei retaggi partitocratici: il sistema sanitario. Bandiera di una battaglia elettorale di Nichi Vendola che ha cavalcato a furor di popolo un sindacalismo ormai deleterio della conservazione dello status quo in nome solo del parassitismo delle assunzioni pubbliche e mai del beneficio alla comunità di un servizio pubblico. Vendola fece dell'antiriforma contro Fitto il suo punto di forza. Oggi sappiamo che ripristinare il vecchio sistema è costato un nuovo deficit pubblico e soprattutto ha compromesso ogni spirito di vero rinnovamento e di modernizzazione. Possiamo dirlo? Possiamo uscire dalla gabbia moralistica della questione giudiziaria che lasciamo nelle mani della Magistratura? Possiamo emettere un giudizio politico? O dobbiamo uniformarci anche stavolta e diverderci tra colpevolisti e innocentisti, tra giustizialisti e garantisti? Quando la stessa PM mette il dito sulle Escort di Berlusconi va bene e anche il Segretario del PD si mette a sentenziare come un Papa sui papà e sui "papi". Ora che mette il naso in casa loro la PM sbalordisce i nostri burocrati di una nomenklatura senza più smalto se non quello grigio della occupazione nella pubblica amministrazione.

Possiamo, di fronte a questo, uniformarci e limitarci al pur legittimo (ma sempre non solo quanto conviene) garantismo? Possiamo far finta di niente e invocare la necessità di tacere perché le elezioni si avvicinano? Se vogliamo non solo che la sinistra vinca ma che la sinistra cambi, come io voglio, non possiamo allora uniformarci e occorre agire in modo duro.

Ricopio un brano preso da Anfimafia Duemila che a sua volta lo riprende dall'Espresso. Penso possa far capire bene di cosa sto parlando. Buona Lettura:


È l'immagine di un comizio di Nichi Vendola tenuto durante la campagna per le elezioni provinciali di giugno 2009. Nichi è sul palco. Parla appassionatamente, mentre si sta mettendo a piovere. Gli sorregge l'ombrello Lello Crivelli, fino a pochi mesi fa membro del direttivo nazionale di Rifondazione comunista ed adesso in Sinistra e Libertà. Appena più in alto, nel buio della notte, si scorge su un balcone la figura di un uomo grasso e imponente che assiste silenzioso alla scena. È l'ex datore di lavoro di Crivelli, Carlo Dante Colummella, il patron della Tradeco e di una serie di società specializzate nel trasporto e lo smaltimento di rifiuti anche ospedalieri, da più di un anno al centro delle inchieste del pm barese antimafia Desirè Digeronimo.

Ecco, se si vuole capire che cosa sta accadendo in Puglia, dove il centrosinistra è messo nell'angolo dall'esplodere di una nuova questione morale, si deve partire da qui. Da Altamura e da quella foto. Dietro quello scatto - ora che le indagini cercano di far luce sulle presunte infiltrazioni della criminalità organizzata nei partiti, sulle mazzette e sui conflitti d'interesse di qualche assessore regionale - si nasconde infatti una domanda tutta politica: il governatore poteva non rendersi conto di quanto gli accadeva intorno?

Il caso di Altamura è in questo senso emblematico. L'inchiesta della Digeronimo parte da una serie di minacce e attentati subiti da un giornalista di una radio privata, Alessio Dipalo, che dai microfoni di Radio Regio metteva alla berlina i potentati del paese e muoveva contro la Tradeco accuse di ogni tipo. Dipalo prima è stato blandito dagli uomini di Colummella con offerte di lavoro. Poi si è incontrato con lui, dopo le pressanti richieste di un boss dei clan locali, e ha visto il cognato dell'imprenditore dei rifiuti, un maggiorente del Pd di Altamura, fare pressioni perché l'emittente cessasse la sua campagna. Infine, nel luglio 2006, subito dopo aver denunciato con un collega, Cosimo Forina, come la Tradeco stesse per aprire una nuova discarica proprio accanto a un sito archeologico, è stato prima pestato a sangue da due malavitosi (uno dei quali oggi pentito) e poi, una mattina, ha ritrovato la propria auto distrutta dalle fiamme.

A quel punto Dipalo si è trasformato in testimone. Ha raccontato al pm Digeronimo come, secondo lui, funzionava e funziona il sistema Tradeco. Ha spiegato come Colummella da semplice meccanico fosse divenuto milionario, fino ad arrivare a lavorare al fianco della Cogeam del presidente di Confidustria Emma Marcegaglia nella costruzione di termovalorizzatori. Ha ricordato che tra i dipendenti o i consulenti delle sue aziende ci sono decine di politici di destra, di centro e di sinistra. Ha ricostruito tutti i passaggi salienti della campagna di Radio Regio contro le discariche. E oggi rivela a 'L'espresso' anche un episodio inedito: l'offerta di una consulenza da 20 mila euro come addetto stampa fattagli, dopo una dura polemica radiofonica sull'inquinamento del suolo, dall'ex direttore della Asl di Bari, Lea Cosentino. La manager costretta in luglio alle dimissioni da Vendola dopo che il suo nome era comparso in un'indagine sugli ospedali pugliesi. Ma non è tutto. Il giornalista parla anche degli appoggi garantiti al big boss della Tradeco da Alberto Tedesco, l'ex assessore alla Sanità della giunta Vendola, ora indagato con altre 14 persone per associazione per delinquere finalizzata alla corruzione, alla concussione, al falso e alla truffa.

Per Dipalo, che spiega come un pezzo importante dello staff del governatore - dalla sua segretaria particolare al suo portavoce - sia originario di Altamura, è impossibile che Vendola non sapesse con chi aveva a che fare. "Parlo dal punto di vista politico", dice, "da quello penale, nemmeno mi interessa. A scoprire come sono andate le cose ci penserà il pubblico ministero".

Non per niente il pm Digeronimo indaga sul trasporto dei rifiuti ospedalieri e su varie società, una delle quali guidata fino allo scorso anno da Crivelli. Ed è proprio seguendo la traccia dei rifiuti che s'imbatte nel filone della malasanità. Mette sotto controllo i telefoni e scopre i retroscena dell'assessorato. Gli appalti, le nomine dei primari, gli uomini chiave: tutto, o quasi, appare suddiviso secondo logiche politiche tra destra e sinistra. Il sistema, insomma, è trasversale.

Un dato che 'L'espresso' ha potuto verificate ricostruendo la storia della Svim service, una società d'informatica che nel gennaio del 2008 si è aggiudicata una commessa da 49 milioni di euro: la riprogettazione del sistema informativo sanitario pugliese che la Svim già aveva in gestione. L'amministratore delegato dell'azienda di servizi è Giancarlo Di Paola, il fratello di un manager già coinvolto nelle inchieste sull'ex governatore di centrodestra e attuale ministro degli Affari regionali, Raffaele Fitto. Direttore generale, fino a qualche anno fa, era invece Francesco Saponaro, l'assessore al Bilancio della prima giunta Vendola, prudentemente dimissionato in giugno quando esplode l'indagine sulla sanità. Spulciando i bilanci della società si fanno poi delle scoperte interessanti: la Svim tra il 2004 e il 2005, a ridosso delle elezioni regionali, ha finanziato sia i partiti di destra che quelli di sinistra. Qualche esempio: alla Puglia prima di tutto di Fitto vanno 10 mila euro. Altri 15 mila finiscono invece nelle casse della lista dei Socialisti autonomisti del futuro assessore e oggi parlamentare del Pd, Tedesco. Cinquemila euro vengono poi versati a favore di un candidato di An e 10 mila vengono addirittura spesi per Officina metropolitana, un'associazione legata al Comitato per Vendola presidente.

Tutto è regolare, tutto è registrato. Ma la vicenda è un altro indizio della trasversalità con cui in Puglia vengono conclusi gli affari con la pubblica amministrazione. Non è insomma un caso se, il 2 agosto, i carabinieri del nucleo operativo hanno prelevato i bilanci di tutti i partiti del centrosinistra (Idv esclusa) alle ultima tornata delle amministrative. Bisogna capire se appalti e finanziamenti nascondano uno scambio di favori.

La questione, insomma, è sia giudiziaria che politica. Un po' come appariva all'inizio il caso Tedesco. Nel 2005, quando l'ex socialista era stato imposto come assessore alla Sanità dai dalemiani, Vendola non si era scandalizzato per il suo conflitto d'interessi: i familiari che allora gestivano quattro società fornitrici di protesi agli ospedali. E quando l'Italia dei Valori aveva denunciato il rischio commistione tra i suoi affari privati e quelli pubblici, Vendola si era schierato dalla sua parte. Peggio aveva poi fatto il Pd. Quando l'indagine sull'assessore era ormai pubblica, al Parlamento europeo era stato candidato Paolo De Castro che, una volta eletto, avrebbe lasciato la sua poltrona di senatore proprio a Tedesco, garantendogli di fatto l'immunità da un eventuale arresto. Certo, una strada diversa da quella scelta oggi da Vendola, che a giugno fa fuori quattro assessori e il 4 agosto rivendica la sua reazione sulla questione morale: "Se uno vede le delibere della regione Puglia degli ultimi mesi, potrà descrivere la parabola di una rivoluzione anche dal punto di vista della trasparenza, del controllo e degli appalti". Nella speranza che non sia partita troppo tardi.

05 agosto 2009

AVANTI CON LA CLASS ACTION SUL PETRUZZELLI

RICEVO E PUBBLICO VOLENTIERI
La Regione Puglia ha ieri dichiarato, con deliberazione di Giunta, di aderire all'azione popolare giudiziaria da noi attivata per la declaratoria della piena proprietà pubblica del Teatro Petruzzelli.
Ora tocca al Comune e alla Provincia di Bari assumere una posizione limpida e pubblica a tutela degli interessi delle comunità da loro rappresentate.
Noi attendiamo fiduciosi, forti del pensiero libero che ci accompagna e orgogliosi del consenso che tutti voi ci avete dato.
Luigi Paccione

TUTTI I CITTADINI ITALIANI SONO DANNEGGIATI DALL'USO DEL LORO DENARO PER RICOSTRUIRE UN BENE PRIVATO E POI PAGARNE ANCHE IL FITTO - TUTTI I CITTADINI ITALIANI SONO INVITATI A FARE CON NOI CLASS ACTION - PRENDETE INFORMAZIONI SUL SITO SU COME FARE

02 agosto 2009

OGGI ERA IERI IL 2 AGOSTO DA NON DIMENTICARE

una scritta con lo spray nel sottpasso, lunga e quindi pericolosa, su quattro righe - fuga tra la folla all'arrivo della polizia ferroviaria - tentativo di mimetizzarci con passaggio di mano in mano dello spray - inutile vengo preso e immobilizzato sugli scalini dell'estramurale - tentativo di pestaggio, mancato per poco grazie all'arrivo di un altro agente - solo dei pesanti segni su collo e schiena - corteo e rabbia - al termine lo stesso agente che mi ha salvato m'invita a sporgere denuncia contro il collega - gli rispondo che non credo nella polizia democratica e che per me lo Stato si abbatte e non si cambia e che lui si illude di essere sopra le parti ma difende il capitale come coloro che hanno messo la bomba a Bologna...
...gli anni 80 si aprono nel peggiore dei modi, ogni senso viene distrutto e immobilizzato come l'orologio simbolo di questa Strage, i morti restano morti, le idee si scheletrizzano insieme a loro, nulla sembra più muoversi dopo di allora... tic toc tic toc tic toc tic toc...