11 novembre 1995

CINEMA GIOVANI Un premio a sei minuti "Fuori campo"

SILVANA SILVESTRI (Il Manifesto, 11 nov 1995) - Angelo Amoroso d'Aragona ha vinto il concorso per i cortometraggi al Festival Giovani di Torino con "Fuori Campo" un lavoro di sei minuti che esprime in maniera decisa la sua idea di cinema, girato in una lontana periferia barese popolata da sporadici gruppi di ragazzini in un mare di cemento. Non è così semplice come sembra accostarsi visivamente a queste strade. Angelo Amoroso d'Aragona non fa film d'azione, né mette in scena adolescenti sbandati, né merce vendibile in clip, ma da tempo lavora a inventare una sorta di cinema platonico, che della realtà cerca di catturare le ombre reali, invece di una realtà illusoria. La realtà che lo circonda è apparentemente forte. Dalla sua postazione barese potrebbe essere travolto da periferia e centro tra i più violenti in Italia, scippatori minorenni, eserciti di albanesi disperati, economia su di giri in un deserto. Per andare nel fondo di questa realtà bisogna appostarsi e fare il vuoto: lui ha cominciato qualche anno fa a dare forma al deserto, attento però a non farsi travolgere dal silenzio come Vertov dai tram.. Molto prima che i suoi veri ragazzini di periferia catturassero l'attenzione (non "kids", ma proprio quei bambini italiani del sud che entrano ed escono dagli istituti, un po' beffardi quando sono ripresi dalle tv), ha iniziato con il luogo più complicato dove piazzare la macchina da presa, la campagna pugliese. I filari di ulivi sulla terra rossa, luogo piu' sanguigno del Bronx per ogni contadino e cineasta del sud. Il segreto di questi individui centenari nella terra immobile è stato catturato da lui in un gioiello di appostamento, voci e presenze registrate nel suo primo "Frammento Orfico".
Nella scuola Ipotesi Cinema di Bassano (più affinità che scuola) ha messo a fuoco la pazienza del registrare memorie: "videomemorie" si chiama una serie di video in progress che ti portano nel silenzio di un mondo panico (pochi metri quadrati di spiaggia) dove far emergere la cosa più vicina alle origini della terra vista al cinema, giovane cinema del primo millennio. Con i suoi sofisticati strumenti tiene sotto controllo questo materiale che "memorizza" (riprese, meticoloso montaggio, sonorizzazione attenta). Quando gli albanesi invadono la costa ecco la storia più difficile da raccontare: volti? sottotitoli? magliette a righe? forze dell'ordine? Nel suo documentario (“La Sponda”) su quell'evento viene fuori un'elettrica presenza attraverso l'acqua che non arriva. Riesce a far sentire l'arsura micidiale di centinaia di uomini venuti a prendersi un sogno che si vedono tirare qualche bottiglia di plastica da un litro e mezzo di acqua, simbolo del benessere italiano, lungo filmato straordinario in grado di cogliere i piccoli particolari, vero film di movimenti di massa (in senso biblico).